Repertorium Pomponianum

Eucario Silber

(Eucharius Silber alias Franck), †1509/1510
Tipografo attivo a Roma c.1480-1509

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Rapporti con Pomponio e i Pomponiani

Tra l'inizio degli anni '80 e i primi anni del quindicesimo secolo, il Silber stampò numerose edizioni (testi classici, commenti, e opere umanistiche) curate da membri della cerchia di Pomponio, o da personaggi a vario titolo a lui legati, fra essi Antonio Volsco, Martino Filetico, Giovanni Sulpizio, Bartolomeo Saliceto, Ludovico Regio, Antonio Mancinelli e Raffaele Maffei. Pomponio stesso gli affidò alcune delle sue edizioni più impegnative: Frontinus, De aquaeductibus, curato insieme a Giovanni Sulpizio (stampato prima del 16 VIII 1487); Plinius, Epistolae (18 III - 3 IV 1490); e Sallustius, Opera (3 IV 1490; per i particolari, vedi infra, attività tipografica).

Vita

Eucario Silber, o Franck, chierico della diocesi di Würzburg (Clericus Herbipolensis dioecesis) fu attivo a Roma come stampatore dal 1480 al 1509 (la sua ultima edizione è datata 7 ottobre 1509: Indulgentiae Ecclesiarum Urbis Romae) in una bottega situata in Campo dei Fiori, molto probabilmente la stessa che era appartenuta a Sweynheym e Pannatz e che successivamente ospitò la tipografia di Antonio Blado. Dopo la sua morte a lui subentrò nella conduzione dell'officina tipografica il figlio Marcello che operò fino al Sacco di Roma. Fu membro della Confraternita di Santa Maria dell'Anima e in quanto tale il 9 novembre 1509 figura fra coloro che contribuirono a finanziare la ricostruzione della chiesa; il suo contributo fu di 20 ducati. Quindi la sua morte si verificò fra il novembre 1509 ed il settembre 1510 mese in cui fu stampata la prima edizione datata firmata dal figlio Marcello.
 
Nei colophones delle sue edizioni si firma molto spesso Eucharius Silber, raramente Eucharius Franck, ma la formula prevalente è "Eucharius Silber alias Franck", mentre in alcuni casi latinizza il suo nome in "Eucharius Argenteus".

Attività tipografica

Alla sua tipografia sono attualmente attribuibili 486 edizioni di cui circa 80 stampate nel Cinquecento.
 
L'esordio nell'attività tipografica di Eucario Silber è segnato dall'edizione delle Cautelae di Bartolomeo Cepolla, una raccolta di circa 320 consigli pratici destinati ad avvocati e giudici, opera che nel Quattrocento conobbe una notevole fortuna. Anche in seguito fece stampare un buon numero di edizioni che potremmo definire 'di consumo', quali quelle di manuali professionali e ad uso del clero, formulari e bolle, guide per i pellegrini, libri devozionali e di intrattenimento, pronostici ed orazioni, stampe non particolarmente impegnative dal punto di vista dei costi di produzione e facilmente smerciabili in una bottega che si apriva su Campo dei Fiori, centro nevralgico del commercio romano e di passaggio obbligato per quanti si recavano in Vaticano. Accanto a queste edizioni se ne collocano molte altre che denunciano un collegamento privilegiato con gli ambienti di curia e insieme il suo affermarsi a Roma come tipografo le cui edizioni assicuravano correttezza e alta qualità tipografica. Il prestigio acquisito ne fece un punto di riferimento nell'ambito dell'editoria romana e gli assicurò importanti committenze.
 
Prodotti particolarmente interessanti e rivelatori del prestigio di cui godeva la stamperia del Silber sono l'edizione del De potestate papae et concilii generalis del Torquemada, la cui stampa fu finanziata dallo stesso Innocenzo VIII, le edizioni delle Epistulae di Plinio il giovane e degli Opera di Sallustio curate da Pomponio e finanziate dal "bibliopola" Giovanni da Reggio, l'Opera del Campano, curata e finanziata da Michele Ferno e le committenze di Giovanni Filippo de Lignamine per l'edizione del volgarizzamento in ottave di Giuliano Dati dell'Epistula de insulis nuper inventis di Colombo (15 giugno 1493), di Pietro Della Torre per la stampa del De parentum cura in liberos e del De liberorum erga parentes obedientia, honore et pietate di Antonio Mancinelli (20 luglio 1503), e di Giacomo Mazzocchi per quella del De bello persico di Procopio da Cesarea tradotto da Raffaele Maffei (7 marzo 1509; NB:Attenzione Raffaele Maffei appartiene ai Maffei di Volterra non ai Maffei di Verona cui apparteneva Agostino). Ma ci sono anche casi in cui il tipografo impegna capitali propri, ciò avviene per la stampa del Contra pragmaticam gallorum sanctionem del vescovo di Tours Helias de Bourdeille pubblicata nel 1486 «opera et impensis Eucharii Silber», come recita il colophon stampato con grandi caratteri gotici per conferirgli maggiore evidenza. La stampa di un libro diviene così il mezzo per acquisire meriti presso il pontefice sottolineando il contributo dato alla politica pontificia attraverso la stampa.
 
Il successo del Silber, testimoniato dal numero e dalla varietà delle committenze, dimostra come egli fosse riuscito nell'intento di qualificare la propria produzione per qualità della stampa e correttezza del testo nei confronti dell'agguerrita concorrenza, soprattutto della tipografia veneziana. Bisogna comunque tenere in considerazione il fatto che l'esaltazione dell'alta qualità testuale dei propri prodotti era anche un topos cui di frequente i tipografi facevano ricorso il che non impedì al Silber di incorrere in improvvidi incidenti.
 
Tuttavia proprio la qualità delle sue edizioni consentì a Silber di emanciparsi dalle esperienze altrui e di stringere sempre più stretti legami con lo Studium ed il circolo dei pomponiani. Già nel 1482 Silber pubblicava il testo delle Elegiae di Properzio curato da Antonio Volsco, e Martino Filetico gli affidava la stampa della propria traduzione degli Idyllia teocritei e del commento alle Epistulae selectae di Cicerone, opera quest'ultima impegnativa in quanto destinata a veicolare le due invettive In corruptores latinitatis nelle quali l'anziano maestro si difendeva, attaccando e chiamando in causa i propri referenti curiali, dagli attacchi mossigli da un più giovane ed agguerrito collega, identificato dal Dionisotti («Lavinia venit litora». pp. 283-315) nel Volsco e più di recente da A. Pincelli con lo stesso Pomponio Leto (Martini Philetici In corruptores latinitatis).
 
I risultati più interessanti della collaborazione fra il tipografo di Würzburg e gli intellettuali romani, in particolare quelli legati all'Accademia romana, erano destinati a manifestarsi alcuni anni più tardi, fra 1487 e 1492, quando per i tipi di Silber vennero pubblicati la princeps del De architectura di Vitruvio e gli Scriptores rei militaris curati da Giovanni Sulpizio ed il Frontino curato dallo stesso Sulpizio e da Pomponio (1487), le Epistulae di Plinio il giovane e gli Opera di Sallustio curati ancora da Pomponio Leto, le Epistulae di Cicerone curate da Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio e il commento a Virgilio di Antonio Mancinelli (1490), la traduzione dell'Etica Nicomachea di Giovanni Argiropulo ed il commento di san Tommaso alla Politica di Aristotele curato dal domenicano Ludovico da Ferrara (1492), per culminare nell'edizione delle Castigationes plinianae del Barbaro (1492-'93) con le quali il dibattito innescato a Roma dalla diffusione a stampa dei testi classici andava a saldarsi alle sue origini con risultati di inaspettata novità e con l'affacciarsi di un nuovo metodo di approccio ai testi.
 
E' evidente che in questo rinnovato sforzo della cultura romana di mettere in circolazione opere in alcuni casi difficilmente fruibili, o di fornire nuove o più corrette edizioni di altre anche notevolmente vulgate, il ruolo svolto dal Silber fu esclusivamente quello di mettere a disposizione dei curatori gli strumenti di un'arte attenta alla resa corretta del testo. Ed infatti la preoccupazione per la diligenza del tipografo torna con insistenza nelle dediche a corollario delle notizie sulla storia dell'edizione. Nella prefazione al lettore dell'edizione del De architectura di Vitruvio, stampata fra il primo gennaio 1487 (data dell'elezione di Marcello Capodiferro e Cola Porcari a maestri delle strade, come tali citati nella dedica al cardinale Raffaele Riario) e 16 agosto dello stesso anno (data dell'acquisto di un esemplare dell'opera, unitamente ad una copia del De aquaeductibus di Frontino, da parte del vescovo di York John Shirwood; ISTC if00324000; IERS 1211), Sulpizio afferma di aver collazionato molti manoscritti di Vitruvio «et in primis uno nostri Delii manu satis accurate perscripto» [e innanzitutto con uno trascritto con sufficiente accuratezza dal nostro Delio]. Anche Pomponio nella dedica dell'edizione delle Epistulae di Plinio il giovane (ISTC ip00809000; IERS 1173) afferma di aver collazionato «vetustis exemplaribus» (v. gamberia). Molto più complesso fu per Pomponio il lavoro preparatorio dell'edizione di Sallustio (ISTC is00075000; IERS 1177) in quanto la tradizione si presentava come una selva intricatissima «Nam cum omnia uolumina corrupta sint, quae ad nostram uenere aetatem, nemo qui se novit attingere audet» [Infatti poiché tutti i codici giunti fino a noi si sono corrotti, nessuno cosciente delle proprie capacità osa cimentarsi]; quindi «contractis antiquis exemplaribus inuenimus multa esse addita, multa praepostere commutata …. Emendavimus nihil addendo, detraximus non pauca fide uetustatis admonente» [avendo confrontato antichi codici scoprimmo che molte cose erano state aggiunte, molte erano state scambiate in modo maldestro... Emendammo senza aggiungere nulla, eliminammo non poche cose guidati dalla fiducia nell'antichità] (v. textus: maffei). Difficoltà simili affrontarono Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio alle prese per l'edizione delle Epistulae di Cicerone (ISTC ic00501000; IERS 1179) con un codice così scorretto da indurli a chiedersi se colui che lo aveva scritto avesse volontariamente ricercato gli errori «Progredi enim necesse fuit a priore epistula usque ad extremam suspenso pede velut inter sentes ac rubos, adeo nullus prope versiculus fuit vitio carens. ... nec satis est aestimare maius ne illi fuerit Ciceronis scripta depravandi studium an perdendi membranas» [Fu necessario procedere dalla prima lettera fino all'ultima con estrema cautela come avanzando tra sterpi e rovi, a tal punto quasi nessuna riga era priva di errore.... così che non è facile valutare se colui che trascrisse si propose di corrompere gli scritti di Cicerone o sprecare la pergamena] e che li costrinse «recognitione etiam bis repetita, variisque adiuta exemplaribus» [a una revisione anche doppia del testo e supportata da diversi codici].
 
E se Giovanni Sulpizio fiduciosamente confida nella maestria del tipografo «si fidelis ut spero librarius fuerit», altri preferiscono delegare a persone di propria fiducia il controllo nelle fasi di stampa: è il caso dell'edizione di Sallustio curata da Pomponio, risultato di una lunga trattativa conclusasi positivamente grazie alla fiducia riposta dal Leto nel bibliopola Giovanni da Reggio ed alla buona prova data dal Silber nella precedente edizione di Plinio, non senza però che il Leto si cautelasse ulteriormente: «Itaque Iohanni Rhegiensi bibliopolae … permisi ut impressoribus traderet cui antea dederam C.Plinii epistolas et sub certa condicione pepigimus ut interesset qui cognosceret. Homo negociosus et officiosus ita faciendum recoepit» [Consentii al libraio Giovanni Reggio di affidare agli stessi tipografi cui precedentemente avevo consegnato le lettere di Plinio, e pattuimmo in una precisa clausola che fosse presente alla stampa chi ne aveva la competenza. E quest'uomo cortese, seppur molto impegnato nei suoi affari, accettò] (Ibid.). Di un correttore di fiducia in tipografia si avvalse anche Ludovico da Ferrara durante la stampa della sua edizione del commento di s. Tommaso alla Politica, l'incarico venne dato a Martino da Nimira che, in una lettera al curatore stampata in fine del libro dà conto del proprio impegno: «Ego igitur qui tuo hortatu in imprimendo hoc preclaro opere librariis prefui quamvis studiose caverim ne quid in componendis caracteribus aberraret, pauca tamen hec fuerunt perperam expressa, quê hic in sequenti pagina annotare institui ad legentium commoditatem …» [Io dunque che su tua richiesta sovrintesi ai tipografi durante la stampa di questa opera famosa, sebbene abbia vigilato affinché non si verificassero errori nella composizione dei caratteri, tuttavia sono state erroneamente composte queste poche cose che ho deciso di annotare per comodità dei lettori ho raccolto nella pagina seguente].
 
Spesso le edizioni di classici affidate ai torchi del Silber sono il risultato di un complesso progetto editoriale: esemplare il caso del commento alla Politica aristotelica sopra citato. Possiamo ricostruire l'iter di questa edizione grazie all'apparato paratestuale che ci restituisce l'immagine di un gruppo impegnato nella restituzione e rimessa in circolazione di un testo ritenuto fondamentale: da Agostino Piccolomini, ideatore e promotore del progetto, una cui lettera a Ludovico da Ferrara apre l'edizione, al cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, finanziatore dell'operazione in 1500 esemplari, cui è indirizzata la dedica del curatore, allo stesso Ludovico sul quale ricadde l'onere non solo della restituzione del testo del commento ma anche quello, non meno impegnativo, della scelta di affiancargli la traduzione del Bruni in luogo di quella tradizionale di Guglielmo di Moerbeke, a Martino da Nimira correttore nelle fasi di stampa. Ugualmente l'edizione delle Epistulae ad Brutum, ad Quintum fratrem, ad Atticum di Cicerone nasce dalla committenza di Agostino Maffei (al quale è anche dedicata l'edizione degli Opera di Sallustio, così come in precedenza a lui Domizio Calderini aveva dedicato l'edizione del commento alle Silvae di Stazio pubblicato da Pannartz nel 1475.) e dall'impegno di Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio incaricati di emendare un codice del Maffei per poi curarne la stampa «curavimus ut nulla pagina imprimeretur quae non prius esset a nobis ociose et pensiculate regustata» [Abbiamo avuto cura che non venisse stampata alcuna pagina senza che prima non fosse stata da noi con calma e ponderazione riletta], e lo scrupolo dei curatori si espresse anche nella scelta di segnalare «Asteriscis … minusculis» quei luoghi che risultassero insanabili «librariorum indiligentia vel temporum vitio». Nel dar conto dell'impegno profuso nella restituzione del testo ciceroniano, condotta sulla base di un codice «mendosissimum … utpote indignum» attraverso la collazione «variisque adiuta exemplaribus» i curatori non dimenticano di tributare il doveroso riconoscimento del contributo dato da chi li ha preceduti nell'impegnativo esercizio filologico: Giacomo Ammannati e Giovanni Andrea Bussi «Illi enim exsudato diu labore, quamquam non plenam [scil. lucem] attulerint, pro beneficio tamen habendum est quod minus multo per eos hallucinamur» [Sebbene essi, pur dopo un lungo e faticoso impegno, non abbiano raggiunto una piena comprensione, tuttavia va riconosciuto come loro merito a nostro vantaggio che grazie a loro prendiamo meno abbagli].
 
Un altro settore che caratterizza in modo peculiare il catalogo di Eucario Silber è quello delle stampe di testi legati ad avvenimenti di attualità. In virtù evidentemente della sua maestria ma anche della capacità di mantenersi in relazione con gli ambienti curiali e culturali, Silber era riuscito ad assicurarsi saldamente un ruolo primario all'interno del sempre più ristretto mondo dell'editoria romana: infatti mentre i suoi concorrenti progressivamente chiudono per la sua tipografia passano i documenti degli avvenimenti culturali e politici di maggior rilievo. È noto che tutta la vicenda legata alle tesi di Pico si snoda attraverso edizioni da lui stampate. Ugualmente il suo catalogo documenta con numerosi titoli sia la preoccupazione ed il timore suscitati dall'avanzata turca nei Balcani, che le testimonianze della vittoriosa avanzata di Ferrante d'Aragona nella riconquista del Regno di Granata, culminanti nell'edizione dell'Historia Baetica di Carlo Verardi, ed anche i primi documenti della scoperta del Nuovo Mondo, la lettera di Colombo nelle due versioni latina e italiana e il Mundus novus di Amerigo Vespucci (1504).
 
Nel Cinquecento la produzione dell'officina del Silber sembra assottigliarsi, il numero delle edizioni stampate fra 1501 e 1509 è sensibilmente inferiore a quello del ventennio precedente, tuttavia è difficile valutare se questo dipenda da un effettivo ridursi dell'attività o non sia invece un dato derivante dalla mancanza di strumenti che censiscano in maniera esaustiva la produzione a stampa del Cinquecento. La linea editoriale non sembra comunque essersi modificata: a stampe "di consumo" si affiancano edizioni, spesso finanziate, di opere che denunciano un costante rapporto con gli ambienti di curia e culturali della città.

Bibliografia

Tinto 1968, Farenga 2001.
 
 
Paola Farenga (Ottobre 2007)
 
 
This entry can be cited as follows:
Paola Farenga, "Eucario Silber," Repertorium Pomponianum, URL: www.repertoriumpomponianum.it/pomponiani/silber.htm,

 

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